Dragon Ball Z: Kakarot è il perfetto esempio di come sfruttare la nostalgia a volte non basti.
Dragon Ball è sicuramente l’anime più conosciuto del mondo. È difficile che nel 2020 ci sia ancora qualcuno che, con l’accesso ad internet, non sappia cosa sia l’opera di Akira Toriyama, o non ne conosca i protagonisti almeno per sentito dire. È normale quindi che, per un brand così di successo, si cerchi di sfruttare qualsiasi opportunità per portarlo nelle case delle persone e in questo caso dei videogiocatori.
Disponibile per PlayStation 4, Xbox One e PC da poco meno di un mese, Dragon Ball Z: Kakarot è l’ultimo lavoro di CyberConnect2, che abbandonano il Villaggio della Foglia di Naruto e decidono di ripercorrere le avventure di Goku e soci in un gioco di ruolo dalle meccaniche action. Quella che sulla carta è una buona idea però, si è tramutata in un parziale buco nell’acqua, per una serie di motivi che vi contestualizzerò in questa recensione.
Versione testata: Xbox One
Come accennato poco sopra, Dragon Ball Z: Kakarot contiene tutte le saghe più famose dell’omonima serie. A partire dall’arrivo di Radish, l’invasione di Namecc da parte di Frieza (Freezer), Cell e gli androidi, fino allo scontro con Kid Buu, per circa 40 ore di contenuti principali a cui vanno sommate un’altra trentina dedicate alle missioni secondarie e al post-game. All’apparenza quindi, sembra che CyberConnect2 abbia fatto un ottimo lavoro sui contenuti, riempiendo il titolo di tutti gli avvenimenti cardine della Serie Z e concedendosi pure qualche missione filler come la patente di Goku e Piccolo o il primo appuntamento tra Crili e 18. Sul lato easter egg, con l’occhio di un fan dell’opera di Toriyama, Kakarot è ottimo: tra frasi pronunciate al momento giusto, ammiccamenti a Super e grandiosi filmati dei momenti clou.
È proprio sui filmati che il titolo però compie il primo passo falso.
Perché se da un lato troviamo un’estrema cura nelle scene chiave, tutte gli altri momenti sono messi a schermo con modelli statici, che si guardano tra loro e a stento cambiano emozioni. Non solo, se fino al termine della saga di Namecc Kakarot segue pedissequamente gli eventi della serie originale (con un paio di eccezioni), la seconda parte di gioco subisce un’accelerata costante sugli eventi, fino ad arrivare a Buu, che è riassumibile in circa dieci scontri con intermezzi filmati più o meno lunghi. Sintomo di una realizzazione più veloce rispetto alla prima parte, con meno cura di quanto accade ai protagonisti, spingendo il giocatore, scontro dopo scontro ad arrivare ai titoli coda per poter poi tirar fiato nel post-game (di cui ci occuperemo più nel dettaglio tra qualche istante).
Lato tecnico, filmati a parte, ci troviamo di fronte dei modelli poligonali per i protagonisti più rifiniti rispetto ad uno Xenoverse 2, a fronte di vaste aree finte open world che cercano di riprodurre al meglio il mondo di Dragon Ball. Purtroppo texture e modelli di alberi e montagne non sono all’altezza dell’attuale generazione (ne di quanto visto nel seppur vuoto mondo di One Piece World Seeker)
Fortunatamente, Kakarot si rialza grazie alla colonna sonora, utilizzando tutti i brani originali dell’anime, e le voci giapponesi ufficiali che faranno la gioia dei fan hardcore del brand.
Ha un’aura potentissima
Messi da parte quelli che sono indubbiamente i punti di forza di Kakarot, è ora di affrontare l’elefante nella stanza. Come videogioco, l’ultimo lavoro di CyberConnect2 è a malapena sufficiente. Nel corso delle diverse saghe, potremo utilizzare cinque personaggi diversi (e due bonus per solo un paio di scontri) a cui ruoteranno attorno le vicende di Dragonball. Avremo accesso a Goku, Gohan (in tutte le età), Piccolo, Vegeta e Trunks del Futuro, ognuno dei quali avrà il proprio albero di abilità da sbloccare salendo di livello e raccogliendo le Sfere Z sparse per l’overworld.
Quando possibile, potremo capitanare un team da tre, scegliendo sia tra i personaggi già menzionati, sia tra i Guerrieri Z più importanti, che ci daranno una mano contro i minion casuali o nelle side quest. Anche loro hanno una progressione a livello e un albero delle abilità dedicato principalmente al supporto. Il problema principale nella progressione di Kakarot è la distribuzione dell’esperienza.
Inizialmente non c’è una discrepanza costante tra protagonisti e supporto, ma il divario si amplia man mano che si prosegue nel titolo, fino ad arrivare al post game dove Gohan , Vegeta e Goku hanno almeno il doppio dei livelli dei propri compari. E questo senza fare scontri oltre quelli previsti dalle side quest e dalla storia principale.
A rincarare la dose ci pensa il gioco stesso, concedendoci milioni di esperienza quando riprenderemo in mano uno dei tre succitati personaggi per un nuovo scontro previsto dalla trama. Sarebbe un problema relativo se non ci trovassimo contro dei nemici post game in grado di “obliterarci” con poche mosse (fino a quando saranno di livello superiore al nostro) e obbligandoci ad un farming insensato per portare allo stesso livello anche i guerrieri minori.
Il tutto sarebbe stato facilmente arginabile utilizzando le Sfere del Drago, come in altri giochi del brand, invece di limitare queste ultime alla resurrezione dei nemici, all’ottenimento di materiali e Sfere z (che non potrete usare se non avrete il livello necessario) o agli Zeni (la valuta del gioco e del mondo di Dragon Ball).
Il fulcro del gameplay di Kakarot sono ovviamente i combattimenti.
CyberConnect2 prende in prestito gran parte delle meccaniche del già citato Xenoverse 2, limitando le combo alla continua pressione di un tasto. Oltre agli attacchi base ci sono ovviamente le tecniche speciali, e la possibilità di schivare e di trasformarsi. Purtroppo oltre alle meccaniche base di Xenoverse 2, Kakarot ne eredita anche i due difetti principali. Il primo è il pattern dei boss che, sfruttando l’energia infinita, riescono a sferrare onde, su onde, su onde, per poi lasciarsi massacrare se il nostro livello è adeguato. Alcuni scontri hanno anche degli eventi scriptati che se attivati sono divertenti da vedere, richiamando i momenti iconici della saga.
Allo stesso modo, CyberConnect2 ha cercato di trasmettere il divario di potenza tra i vari combattenti in diverse occasioni. Ad esempio dopo la prima trasformazione di Goku contro Frieza, quest’ultimo sarà inerme davanti al Super Saiyan, e riusciremo a spazzarlo via in pochi istanti. Di conseguenza, sarà più difficile sconfiggere Kid Buu con Vegeta, mentre Goku accumula energia per la Genkidama. In questo secondo caso però, sarebbe stato più idoneo mettere un timer allo scontro e chiedere al giocatore di resistere, piuttosto che imporre una vittoria fuori contesto.
Ovviamente tutto quello che avete letto nelle ultime righe va cancellato se sarete di livello troppo alto (per i motivi già spiegati).
Il secondo difetto ereditato da Xenoverse 2 è la telecamera. Mi è capitato spesso che, durante gli scontri uno contro uno, l’inquadratura impazzisse e si bloccasse sul nemico, lasciando il mio eroe fuori visuale per più di qualche secondo. La telecamera non reagisce in tempo quando ci si scontra sott’acqua o se si cambia posizione velocemente, lasciando spazio a compenetrazioni o a oggetti estranei. Un problema costante di queste produzioni, che non riescono a programmare un’inquadratura dinamica in grado di seguire puntualmente l’azione.
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Vogliamo parlare quindi di cosa c’è da fare oltre la storia in Dragon Ball Z: Kakarot?
Oltre recuperare le sfere del Drago per poter riaffrontare i nemici sconfitti, potremo accumulare Sfere Z che si rigenereranno ciclicamente. Pescare per poter preparare sfiziosi manicaretti, affrontare nemici potenziati da un altro personaggio speciale. Oppure ancora raccogliere materiali per far costruire a Bulma un auto con cui affrontare le insipide corse a tempo sparse per il continente. Rafforzarci nelle stanze di allenamento di un personaggio speciale, sbloccare nuove mosse per i nostri eroi con l’allenamento mentale o completare le missioni secondarie.
Se alcune di queste sono legate ad eventi secondari della trama e saranno simpatiche quanto meno da leggere, la maggior parte si limiterà ad essere fetch quest che seguono un iter preciso: recupero di materiali, piccolo scontro, consegna e ricompensa. Con le dovute eccezioni quindi, ben poca varietà nelle side quest, un difetto non da poco in un gdr, almeno dopo quanto fatto da The Witcher 3.
È questo il problema di Dragon Ball Z: Kakarot , come gioco di ruolo è ancorato a meccaniche datate, che usate in altri contesti e senza la “forza” trainante dell’opera di Toriyama alle spalle, sarebbero state affossate senza remore.