Fabula: Intervista agli autori Lorenzo Ghetti e Francesco Guarnaccia

Quattro chiacchiere su Fabula insieme ai due autori

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Fabula Intervista a Ghetti e Guarnaccia

Parlando della divulgazione scientifica, come avete lavorato per far interagire parte scientifica e fumetto?
Ghetti: Abbiamo collaborato con Micael, il ricercatore a capo di un software che con un algoritmo capace di riconoscere Fake News da come si muovono nel web. Per esempio Umbra e Mania (le due figure negative di Fabula) utilizzano strumenti per potenziare le fake news. I bot per i like e i nodi, ovvero figure di riferimento che  se prendono posizione hanno maggiore efficacia sul pubblico. Negli Stati Uniti è pieno di queste figure, la maggior parte attorno all’ex presidente Trump. E tutte le caratteristiche dell’algoritmo le abbiamo riversate in Gidil, che è praticamente la trasposizione del software (che nella realtà si chiama GDL). Lo scopo di Gidil è proprio imparare come reagisce la gente alle notizie e come distinguere le fake news. Micael ci ha dato degli spunti e io li ho utilizzati per la trama di Fabula, che era anche il primo nome del software.

Che rapporto avete coi social?

 

Guarnaccia: A me i social di base piacciono molto, ci son saltato a bordo subito nel 2009. Il primo posto dopo DevianArt dove pubblicavo i miei lavori è stato Facebook. Instagram anche mi iscrissi subito. Credo di avere un buon rapporto coi social, l’utilizzo che ne faccio è solo per cose stupide e lavoro. Mi trovo a disagio con il fatto che per chi lavora nell’ambito artistico siano diventati fondamentali.  Perché molto spesso gli editori  delegano il lavoro di promozione agli autori stessi, un lavoro che richiede sforzi diversi e capacità diverse. Creando discrepanze tra chi sa usare social e chi  meno. Io a esempio trovo lo spammare troppo i miei lavori come una rottura per chi mi segue, tranne nel caso in cui ho una buona idea di condivisione, che diverte sia me che il mio pubblico. Riassumendo: utilizzo i social per una parte di me che non trasporrei mai nella vita  vera, ma non riesco e non voglio utilizzarli come uno strumento di lavoro.
Ghetti: Io ho un pessimo rapporto coi social. Lo vedo come un obbligo e non li userei se non dovessi. Ne usufruisco per raccogliere informazioni, sebbene mi stia convertendo alle newsletter. Mi infastidisce che  nel feed se voglio leggere un link e non posso in quel momento ritrovarlo è un incubo. Preferisco YouTube da questo punto di vista. I social network sono troppo trasversali, tra i miei contatti io  ho una forbice di persone vasta, e quando creo un post non riesco a non pensare “questa cosa non fregherà alla maggior parte di loro” e ciò mi disturba. Come pure seguire determinate persone che so creano contenuti interessanti ma non me ne frega nulla delle loro vacanze. Questa promiscuità di dati non riesco proprio a gestirla. Poi sì i social li ho, ma li uso in maniera complicata.
Perché avete scelto di raccontare proprio delle fake news tramite social e non la diffusione delle stesse tramite giornali di dubbia provenienza?
Guarnaccia: Il fenomeno di Fake News, con quel tipo di pattern nasce dai social, e passa sui giornali solo dopo che son diventate troppo grosse, quindi all’interno della storia non c’era il tempo per arrivarci. 
Ghetti: Trovo ci siano molteplici giornali che scrivono cose inesatte, ma ho preferito concentrarmi su qualcosa di cui fruisco quotidianamente.
Fabula è un ottimo manuale d’istruzioni per i giovanissimi per poter usare i social, avete mai pensato di fare dei progetti all’interno delle scuole relativi al fact checking?
Ghetti: Io lavoro molto con le scuole, con il laboratorio di fumetto interagisco con ragazzini dagli undici anni in su. Spero ci sia occasione grazie a Fabula di fare degli incontri, perché vengono sempre fuori delle discussioni interessanti. Non mi sentirei troppo a mio agio a far elezione sull’argomento, perché sono sicuro che ci sono dei docenti molto più competenti.
Guarnaccia: Io non ho avuto esperienze, ma è un’ottima idea. Mentre ponevi la domanda ho pensato proprio “Facciamolo!”
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