Final Fantasy VII Rebirth- La Recensione

Final Fantasy VII Rebirth

Final Fantasy VII Rebirth va per la sua strada, non dimenticando quanto fatto nel 1997, ma allargando ulteriormente il proprio mondo e la propria epica.

Final Fantasy VII Rebirth ha due compiti: convincere gli scettici e gli insoddisfatti dal finale di Remake, e portare  nella nuova generazione uno dei mondi più amati dei videogame. E come una vera e propria rinascita, il titolo di Square Enix dimostra ancora una volta di avere le capacità per incollare  il giocatore al pad per oltre cento ore, nel bene e nel male.

Quattro anni fa, Final Fantasy VII Remake inizio la reinterpretazione in chiave moderna del classico tanto amato, che sdoganò il concetto di JRPG in occidente.

Rebirth sarà disponibile in esclusiva temporale per PlayStation 5 a partire dal prossimo 29 febbraio, e sfrutterà tutte le funzioni dell’ammiraglia di casa Sony. Dopo aver passato le scorse due settimane in compagnia di Cloud e compagnia ad esplorare una nuova vasta terra, sono pronto a darvi la mia opinione su questo atteso sequel.

Final Fantasy VII Rebirth: dove eravamo rimasti?

Rebirth parte ovviamente dalla fuga da Midgar, e prosegue l’odissea del gruppo di Cloud  per provare a fermare la Shinra, mentre l’ombra di Sephiroth  si estende pian piano in tutto il globo.  Cercando di dipanare la matassa di domande senza risposta sul proprio passato,  Cloud imparerà a conoscer ei propri compagni sempre di più, allargando il gruppo di rivoltosi man mano che si sposta di nuova zona in nuova zona.

All’avvio di Rebirth, potrete guardare un cortese riassunto narrato da Red XIII, che si concentra su cosa è successo in Remake, per poi gettarvi quasi subito nell’azione. Vi consiglio di provare la demo, così da farvi un’idea generale e soprattutto ottenere una ricompensa per  il gioco completo (altre ricompense  sono relative ai salvataggi di Remake e Intergrade).

Se c’è qualcosa che Remake ci ha insegnato nel 2020, è di non dare per scontato un a riproduzione uno a uno del classico del ’97. Si tratta di una rinascita a tutti gli effetti, come evidenziato anche dal titolo. Anche questa volta gli eventi raccontati seguono solamente la traccia dell’originale. E ancora una volta, i punti cardine della trama si susseguono, sebbene  ci siano sempre più innesti di qualcosa di nuovo, che va a consolidare quanto visto quattro anni fa, dando una spiegazione ad alcune delle scelte più controverse.

Esattamente come in Remake, anche in Final Fantasy VII Rebirth, ci sono tante piccole novità che vanno a pescare nell’immaginario dell’universo di Final Fantasy VII. Novità che ho molto apprezzato perché vanno ad espandere la storia dei personaggi secondari e i rapporti tra il party. Esattamente come successo quattro anni fa, anche i nuovi personaggi  hanno una tridimensionalità ulteriore rispetto al classico. Non solo Red XIII, che avevamo  incontrato solamente negli ultimi attimi di Remake, ma anche Yuffie (già approfondita in Intergrade) e Cait Sith. Perfino i due personaggi non ancora utilizzabili (Vincent e Cid), hanno i loro momenti per legare con il party e per abbracciare la missione di Cloud. Ovviamente tutti i contenuti inediti sono sceneggiati sempre da Kazushige Nojima, che si comporta molto bene nell’ampliare l’epica del mondo e di Sephiroth.

Gameplay che vince…

Come nel caso di Remake, anche in Final Fantasy VII Rebirth ci troviamo di fronte ad un action rpg, in cui le azioni dei protagonisti sono scandite dalla barra ATB (Active Time Battle) che andrà riempita con i colpi semplici (quadrato) o con le mosse peculiari dei membri del party (triangolo). L’ATB influenza tutte le altre azioni, dalle mosse speciali (ottenibili utilizzando a lungo le armi) alle magie che consumeranno anche i relativi punti magia, fino agli oggetti. E da tradizione, i nostri eroi potranno essere equipaggiati con delle Materia, speciali sfere in grado di donare poteri magici. Dalle magie elementali alla possibilità di rianimare i nostri compagni caduti, passando per materie tecniche che ci permettono di contrattaccare oppure di evocare i potenti esper. Anche questa volta  le materie più preziose  saranno ottenibili come ricompensa dal logorroico Chadley, vera e propria presenza ingombrante di questo nuovo capitolo.

Il team di Square ha però voluto differenziare ogni personaggio, ancora di più rispetto a quanto visto in Remake. Così, proseguendo da quanto fatto in Intergrade, ognuno dei membri del party di Cloud ha una peculiarità che modifica il gameplay: per esempio, utilizzare Tifa renderà ogni scontro un beat ’em up, in cui incanalare la giusta dose di pugni e calci per stremare  l’avversario. Red XIII ha invece  la possibilità di accumulare i danni in parata e riversarli poi sul nemico con una sorta di modalità berserk, che premia sulle battaglie più lunghe.

Purtroppo non mi è sembrato di notare differenze evidenti sull’IA dei compagni, che restano ancora imbambolati a prendersi danni, mentre la telecamera ora offre  una visione più ampia del campo di battaglia, anche se ancora  fa fatica a tenere tutto sotto controllo contro i nemici più grossi. In continuità col primo capitolo le altre meccaniche, come lo sfinimento degli avversari e il cambio immediato di personaggio (con pausa scenica durante l’utilizzo delle mosse ATB).

La grande novità ereditata da Intergrade però sono le mosse sinergiche, sbloccabili con un sistema sferografico che ricorda alla lontana quello di Final Fantasy X, potentissimi attacchi combinati tra i membri del party che sfiancheranno ulteriormente i boss, garantendo allo stesso tempo dei bonus sulle statistiche o sulle mosse. E fatemelo dire, sono anche registicamente eccezionali, soprattutto per chi già se le immaginava nel ’97. Tutti questi aspetti prendono forma come un’enorme puzzle e si trasformano in un gameplay davvero divertente da giocare e che difficilmente verrà a noia. Si tratta tra l’altro di una delle critiche più pesanti fatte a Final Fantasy XVI lo scorso anno, reo di aver scelto un sistema d’azione più basico e, a posteriori, molto meno divertente.

Sembra già tantissimo, ma è solo la superficie, come vi accorgerete giocando (anche alla demo già disponibile) questa volta Square Enix ha fatto davvero All-in, buttando nel calderone più meccaniche possibile e confezionando uno dei Final Fantasy più grossi e maestosi di sempre.

Fuori da Midgar, l’aria è più buona

Chi ha odiato la formula a quasi solo corridoi di Final Fantasy VII Remake, amerà trovarsi di fronte a tutt’altro con Rebirth. Scappando dai soldati della Shinra, le porte di Kalm non faranno solo entrare il sole nel viaggio di cloud, ma anche metaforicamente apriranno l’enorme, vastissimo mondo di gioco. Otto enormi regioni in cui perdersi con centinaia di side quest, dalle fermate  Chocobo, alle mission idi caccia, passando per la raccolta dei tesori, fino ad attivare delle torri  per Chadley. Una mappa in simil gioco Ubisoft, piena di indicatori e di cose da fare che arricchiranno l’esperienza di gioco. Certo, dopo  la terza o quarta volta che  vi metterete ad attivare nuovamente le torri, potreste trovare il tutto un metodo per annacquare la trama principale, e non avreste neanche tutti i torti. Fortunatamente, il gameplay loop di esplorazione- combattimento- ottenimento delle ricompense, sembra aver retto il colpo, ma è doveroso avvisarvi che molte delle quest saranno simili tra loro. Fanno eccezione le missioni secondarie e quelle dedicate al Vestigio, che cambiano di regione in regione e approfondiscono ancora una volta  l’epica del mondo di Final Fantasy VII.

Le mappe enormi sono a misura di Chocobo, e possono essere esplorate sia orizzontalmente che verticalmente che sbloccando solamente i punti d’interesse. Certo, dovrete aver accesso al Chocobo del colore giusto (come accadeva nel ’97)  per esplorare i segreti più reconditi del mondo, ma man mano che proseguirete nell’avventura avrete accesso a tutte le zone. Con tutte le attività con cui Square Enix  ha farcito il gioco, era ovvio che durasse più del doppio del precedente. È possibile anche correre dritti alla meta, ma  rischiate non sol odi essere sotto-livellati ma anche di perdervi materie importanti o qualche Esper aggiuntivo, ottenibile solamente affrontando le missioni giuste. In fondo, sta tutto nel come volete affrontare il mondo di Final Fantasy VII Rebirth.

Il quantitativo di attività da fare si riversa completamente in una serie di menù e sottomenù, che ho trovato molto meno puliti rispetto a quelli di Remake, e soverchianti per il quantitativo di informazioni da apprendere. È un’altra volta qualcosa di molto personale, che con il passare delle ore di gioco diventa sempre meno pesante,  ma che, soprattutto nei primi momenti, vi farà sentire abbastanza fuori posto.

Muscoli e voce

Final Fantasy VII Rebirth fa uso completo dell’SSD di PlayStation 5, regalando uno dei mondi più belli mai visti su console. Ogni ambiente ha le sue caratteristiche peculiari, e chiudendo gli occhi per un’istante, è esattamente come me lo immaginavo giocando il classico Ps1, solamente che questa volta è davvero così di fronte ai miei occhi. È possibile poi giocare sia in modalità performance che in modalità grafica, scegliendo tra  60fps o una risoluzione 4K.

Al tutto si somma una regia action capace di dar forza ai momenti più coinvolgenti, a dare le dovute spinte ai personaggi prima dei sacrifici o a dirigere una coreografia durante i magnifici scontri contro i boss. Ma anche una più comica, tipicamente giapponese, che potrebbe far storcere il naso ai giocatori meno abituati. C’è un cambio di registro in alcuni momenti che decidono di dare spazio a gag ed esagerazioni apparentemente fuori contesto. Non credevo si potesse fare megli odella colonna sonora di Remake, probabilmente uno dei migliori lavori orchestrali di Square Enix, ma Rebirth vince anche sotto questo aspetto,  con  oltre 400 brani orchestrali e  il richiamo di alcune canzoni storiche veramente  da lasciare a bocca aperta. L’audio dinamico come su Remake continua a essere un’ottima intuizione, garantendo una continuità nella colonna sonora tra esplorazioni e battaglie. Questa volta inoltre, potrete contare anche su quello 3D, se siete in possesso delle cuffie giuste.

Final Fantasy VII Rebirth

Come accaduto ai tempi di Remake, anche per Rebirth i sottotitoli della nostra lingua sono basati sulla versione giapponese e il gioco vi permette di cambiare audio (nelle opzioni) per poter giocare come preferite. L’adattamento inglese è in linea con l’originale del ’97, con un linguaggio più colorito e spogliato di alcuni giapponesismi che potreste trovare fuori luogo. La sostanza dei dialoghi e della trama comunque non cambia. Certo, con il cambio registro di cui parlavo prima, utilizzare il doppiaggio inglese potrebbe rendere ancora più fuori luogo le scene puramente comiche,  ma anche questo caso, si tratta di gusto personale.

Final Fantasy VII Rebirth mi ha stupito, nonostante cerchi di fare qualcosa di comunque diverso da Remake allargando quanto fatto quattro anni fa. Il loop di gameplay mi ha catturato fin da subito, con l’alta quantità di attività secondarie  che sono andate via via ad arricchire la mia esperienza. Un mondo che non voglio abbandonare e che voglio continuare a esplorare, nonostante la full immersion di queste ultime due settimane. Siccome non mi è possibile (al momento) parlare al cento per cento della trama, ho preferito non considerarla (o meglio, valutarla marginalmente) nel giudizio complessivo, dandomi la possibilità di analizzarla con il giusto tempo e senza limitazioni quando il gioco sarà di dominio pubblico (come fatto con Remake).
Messo in conto questo, lato gameplay Rebirth fa tutto fin troppo bene, magari non in maniera perfetta, ma ogni ingranaggio è ben oliato e si adatta a quello al proprio fianco, divenendo un gioco dalle ossa forti che sono sicuro coinvolgerà una nuova generazione di appassionati.

Final Fantasy VII Rebirth sarà disponibile su PlayStation 5 dal prossimo 29 Febbraio.

Final Fantasy VII Rebirth
Final Fantasy VII Rebirth- La Recensione
Pro
Pieno di cose da fare...
Gameplay assuefacente
Ottima implementazione del DualSense
Colonna sonora mostruosamente bella
Contro
... forse troppe
La trama principale potrebbe sembrare annacquata
Fin troppi menù e sottomenù
9
Voto