Final Fantasy VII Remake narra le vicende del 1997 in maniera ottima, fino all’ultima ora dove si discosta diventando più un reboot che un remake.
Fin da quell’E3 2015 in cui Cloud scese dal treno annunciando al mondo che il remake del settimo capitolo della Fantasia Finale era ormai realtà, la paura e l’emozione di scoprire quanto fatto da Square Enix erano tangibili. Cinque anni dopo, ci ritroviamo con Final Fantasy VII Remake, primo episodio della reinterpretazione in chiave moderna di quel titolo tanto amato, che sdoganò il concetto di JRPG in occidente. Il titolo è disponibile in esclusiva temporale per PlayStation 4 e sfrutta al massimo i muscoli della console Sony, anche e soprattutto in versione PRO.
Una prima parte che non narra tutte le vicende del gioco originale, ma solo quelle riguardati Midgar, espandendo cast di personaggi e avvenimenti per farne un gioco a se stante.
Una volta giunti ai titoli di coda però, dopo una cinquantina di ore, è chiaro cosa abbia voluto fare il team, abbandonando l’idea di remake fedele e cercando un’altra strada, un po’ più simile ad un reboot.
Tutto ciò è sbagliato? Scopriamolo insieme nella recensione di Final Fantasy VII Remake.
Se avete giocato una delle riproposizioni del Final Fantasy VII originale, uscite in questi 23 anni su praticamente ogni piattaforma esistente, i primi istanti di Final Fantasy VII Remake (da ora FF7R) vi conquisteranno. Il team guidato da Tetsuya Nomura, Yoshinori Kitase e Naoki Hamaguchi ha più volte dichiarato durante i mesi che ci separavano dal gioco, che all’interno di FF7R avremo si trovato gli elementi cardine del classico, ma amplificati e riproposti in chiave moderna.
Così è stato, e in questa nuova Midgar la sensazione di dejavù è costante, piacevole, come un tuffo nel viale dei ricordi, con qualche aggiunta presa dall’universo espanso di Final Fantasy VII, come i romanzi e gli altri titoli dedicati al mondo di Cloud.
L’eredità del ’97
La trama è apparentemente la stessa: per fermare la crudele società Shinra, che sta uccidendo il pianeta, il gruppo di rivoluzionari Avalanche assume un mercenario di nome Cloud Strife, per aiutarli a far esplodere i reattori energetici e lanciare un messaggio. Il piano non va per il verso giusto e la Shinra nasconde più di un losco segreto, dando il via ad una delle avventure più ricordate dai fan degli JRPG degli anni ’90.
Questo paragrafo è prettamente dedicato a chi conosce già l’universo di Final Fantasy VII: non aspettatevi una riproduzione fedele del gioco PlayStation, perché gli eventi raccontati in questo Remake ne seguono solamente una traccia. Certo, i punti cardine della trama si susseguono nello stesso identico modo, adottando uno stratagemma interno prevedibile ma giusto.
Rivedrete quindi l’assalto al Reattore 5, l’incontro con Aerith nella chiesa, l’attacco alla piattaforma del Settore 7 e ovviamente, il provino per Don Corneo.
Tra una cosa e l’altra però ci sono tante piccole novità che vanno a pescare nell’immaginario dell’universo di Final Fantasy VII. Novità che ho molto apprezzato perché vanno ad espandere sia la storia dei personaggi secondari come i membri di Avalanche, sia i rapporti tra il party. Finalmente Barret inizia a fidarsi di Cloud in maniera crescente, e il loro rapporto di amicizia si instaura nel giro di diversi capitoli, e non in due ore come nell’originale. Lo stesso si può dire della complicità tra Tifa e Aerith, grazie a nuove location inesplorate e a momenti inediti. Perfino Red XIII che appare nelle fasi finali del gioco, è già ampliamente caratterizzato e pronto a dare il meglio nel prossimo episodio.
Questo grazie alla scrittura di Kazushige Nojima, che riprende in mano il suo universo dopo averlo creato nel ’97 e torna alla sceneggiatura con lo stesso Kitase. Ciò gli ha permesso di migliorare ulteriormente alcuni dei personaggi già ben scritti vent’anni fa (come i già citati Tifa e Red XIII, ma anche Hojo) e concentrarsi maggior mente su quelli che non avevano avuto abbastanza spazio.
Anche il tema dell’ecologia e l’atmosfera steampunk trasuda enormemente dall’intera produzione. Con FF7R, il team ha puntato a farci innamorare o re-innamorare di un gruppo di scapestrati ribelli in lotta con qualcosa di più grosso di loro. E ci sono riusciti, perché fino a poche ore dal finale, FF7R è un ottimo remake capace di trasmettere molte emozioni.
La nuova era
Emozioni che proveranno anche coloro che si avvicinano a questo immaginario per la prima volta. Anzi, se faceste parte di questa seconda categoria anche quei cambi da storcere il naso potrebbero non riguardarvi. E vi approccerete anche alle nuove meccaniche di gameplay illibati dai ricordi del sistema a turni.
FF7R cambia infatti genere, avvicinandosi più a un Kingdom Hearts piuttosto che all’originale del ’97. Ci troviamo infatti di fronte ad un action rpg, in cui le azioni dei protagonisti sono scandite dalla barra ATB (Active Time Battle) che andrà riempita con i colpi semplici (quadrato) o con le mosse peculiari di ognuno dei quattro personaggi utilizzabili (triangolo). L’ATB influenza tutte le altre azioni, dalle mosse speciali (ottenibili utilizzando a lungo le armi) alle magie che consumeranno anche i relativi punti magia, fino agli oggetti. Come nell’originale, i nostri eroi potranno essere equipaggiati con delle Materia, speciali sfere in grado di donare poteri magici. Dalle magie elementali alla possibilità di rianimare i nostri compagni caduti, passando per materie tecniche che ci permettono di contrattaccare oppure di evocare i potenti eoni.
Qui scende in campo la strategia, dovrete scegliere bene che Materia equipaggiare per non trovarvi impreparati contro i numerosi boss, o vi toccherà ripetere la battaglia a causa di una sconfitta prematura. Sempre parlando di battaglie, quando deciderete di utilizzare l’ATB il gioco rallenterà il proprio scorrimento, per darvi tutto il tempo di decidere mosse e bersagli. Una feature scenica riuscita e utile, ma che si scontra con uno dei pochi difetti della produzione: l’IA alleata.
Capita che, mentre cambiate personaggio, i vostri compagni restino fermi sul posto subendo un colpo che avrebbero potuto schivare. La cosa peggiore però è quando, una volta resuscitati, si dimenticano di schivare e vengono ammazzati immediatamente, causandovi spreco di risorse e ATB. Fortunatamente non capita così spesso, e se cambierete personaggio potrete prevenire molte delle disgrazie al vostro gruppo. Lo stesso invece non si può dire della telecamera, che in alcuni scontri è poco reattiva e con l’inquadratura fornita non permette di tenere sott’occhio l’intero campo di gioco.
Molto meglio invece fuori dai combattimenti, anche perché FF7R abbandona la formula open world per darci degli spazi dettagliati ed ampli ma molto chiusi. Nonostante la sensazione costante di percorrere un enorme corridoio lungo i diciotto capitoli che compongono il gioco, gli ambienti prendono vita grazie ad un Unreal Engine 4 che mostra i muscoli. E non sto parlando solo degli addominali di Tifa!
Sarebbe stupido non parlare del comparto tecnico in un lavoro così sopraffino. Midgar prende vita in tutti i suoi settori, ora foto-realistici e brulicanti di vita. Non dovremo più lavorare di fantasia per vedere il cast in tutta la loro scultorea bellezza. Ci pensa l’Unreal Engine 4, a rendere Tifa ancora più bella di quei blocchi di pixel dello scorso secolo. Ci pensa il motore di gioco a donarci uno scorcio sul giardino della casa di Aerith che sembra davvero una fotografia.
Leggi di più sul Making of di Final Fantasy VII Remake
Al tutto si somma una regia action capace di dar forza ai momenti più coinvolgenti, a dare le dovute spinte ai personaggi prima dei sacrifici o a dirigere una coreografia durante i magnifici scontri contro i boss. Con una colonna sonora completamente rifatta da zero e da lasciare a bocca aperta, probabilmente uno dei migliori lavori orchestrali di Square Enix. L’audio dinamico inoltre è stata un’ottima intuizione, garantendo una continuità nella colonna sonora tra esplorazioni e battaglie.
Trovo necessario anche parlare brevemente della questione adattamento. Con l’uscita della demo, i giocatori hanno notato una discrepanza tra il parlato inglese e i relativi sottotitoli in italiano. Si è saputo poi che i sottotitoli della nostra lingua erano basati sulla versione giapponese e FF7R vi permette di cambiare audio (nelle opzioni) per poter giocare come preferite. L’adattamento inglese è in linea con l’originale del ’97, con un linguaggio più colorito e spogliato di alcuni giapponesismi che potreste trovare fuori luogo. La sostanza dei dialoghi e della trama comunque non cambia.
Un titolo maestoso, con diverse biforcazioni in alcuni capitoli della storia e i soliti extra come arena o boss segreti, così da portarvi a rigiocarlo più volte, tramite la selezione dei capitoli, qualora vogliate percorrere vie inesplorate. La stessa via che probabilmente intraprenderà il team col secondo capitolo.
Perché se fino a poco prima della fine FF7R è adatto sia ai novizi che agli amanti del classico, cosa succede poi?
Beh, poi arriva la doccia fredda, e il cambio di rotta.
Un futuro incerto?
Quel diciottesimo capitolo che, dopo la fuga sull’autostrada, prende una direzione tutta sua, per dare un finale “epico” a questo primo episodio. Un finale che però trasforma Final Fantasy VII Remake in Final Fantasy VII Reboot. Un ulteriore re-immaginazione con un occhio verso chi gli eventi li conosce, per fargli capire che ora niente è più inciso nella pietra.
Non ne sappiamo ovviamente i motivi, ma alla fine del capitolo 18, nelle ultime ore di gameplay, la storia prende una piega diversa dall’originale. Non vi snocciolerò i dettagli, ma ci tengo a ribadire che chi si aspetta una riproposizione fedele potrebbe rimanere deluso da questa scelta.
È una decisione che apre a una vera e propria saga per Final Fantasy VII, un liberarsi dalle catene dell’originale per esplorare nuovi territori. Un cambiare quanto già visto per rinarrare gli eventi, magari mantenendo comunque quelle scene chiave, perché in fondo anche nell’originale uno dei temi chiave era il “Non poter sfuggire al destino”.