Ratched – La Recensione della Stagione 1

Ryan Murphy torna su Netflix con la serie tv Ratched

Ratched, la serie sulle origini dell’infermiera di Qualcuno volò sul nido del cuculo 

Grazie a Netflix, abbiamo avuto la possibilità di vedere in anteprima Ratched, la nuova serie tv di Ryan Murphy (qui anche produttore esecutivo) e Ian Brennon che racconta le origini di Mildred Ratched, la temibile infermiera protagonista del romanzo Qualcuno volò sul nido del cuculo – pubblicato nel 1962 da Ken Kesey – dell’omonimo film del 1975, diventato iconico nel panorama cinematografico contemporaneo. La sceneggiatura è invece stata affidata a Evan Romansky 

La trama 

Nel 1947, Mildred Ratched arriva nel nord della California in cerca di lavoro presso l’ospedale psichiatrico più in vista, il Santa Lucia, conosciuto per apportare ai pazienti le prime controverse cure sperimentali sulla mente umana. Mildredin missione per conto di se stessa, si presenta come una perfetta e devota infermiera; ma una cosa tira l’altra e la donna finirà per restare coinvolta negli affari di quel sistema sanitario e delle persone in esso coinvolte. L’elegante Mildred però, inizia anche a mostrare un’oscurità crescente, che per tanto tempo ha cercato di nascondere, rivelando così che mostri non si nasce, ma si diventa.  

Il personaggio di Mildred Ratched 

Quanti si saranno chiesti se l’infermiera Mildred Ratched, antagonista principale di Qualcuno volò sul nido del cuculo sia sempre stata cattiva, oppure lo è diventata per una qualche ragione. Se l’è chiesto sicuramente Ryan Murphy, che con questa serie è andato a ritroso per approfondire uno dei personaggi più memorabili della storia del cinema.  

Nel film di Milos FormanRatched incarnava il potere autoritario e mostrava come questo influenzasse negativamente la personalità di chi lo deteneva. Da questo potere, traeva una forza incredibile, credendosi invincibile. Ratchedanche se appare una donna amorevole e attenta, nasconde in realtà un’indole subdola e perversa. Un aspetto che è presente anche in questa prima stagione, eppure, nonostante ciò, coi pazienti – verso i quali uno si aspetterebbe esercitasse la sua cattiveria – mantiene un atteggiamento tutto sommato positivo. Certo, li manipola, ma lo fa quasi sempre a fin di bene e il suo obiettivo è sempre quello di aiutarli. Verso chi è davvero malvagia Ratched invece, sono i colleghi e le persone che definiremmo “normali”.  

Murphy ci dà il ritratto di una donna più empatica, emotiva, in conflitto con se stessa, che sfoggia una sicurezza solo apparente. Il tutto giustificato dalla sua infanzia turbolenta. Siamo lontani insomma dalla Ratched del film del 1975, che con la cuffia sulla testa tenuta in perfetto ordine, aveva l’aspetto di un militare. Certo, anche qui Mildred appare sempre in perfetto ordine, mai un capello fuori posto, e non manca di dispensare consigli ragionevoli per poi sfociare in azioni vendicative e assai maligne. Ma ripeto, non lo fa mai nei confronti dei malati dell’ospedale.  

Inoltre, se ne film Ratched non compie nessuna azione violenta dal punto di vista fisico, qui non si fa troppi problemi ad aggredire chi potrebbe mettere in pericolo lo scopo della sua missione. Benché non sia giusto fare paragoni tra serie e film, è quasi inevitabile, dato che si sta parlando dello stesso personaggio. Con questo, non voglio dire che la Ratched di Murphy sia migliore in senso positivo di quella di Forman, però qui sembra che il regista abbia voluto redimere agli occhi degli spettatori una figura decisamente controversa e indifendibile.  

La banalità del male 

Mildred Ratched fa suo in tutto e per tutto il concetto che la filosofa Hannah Arendt ha definito “la banalità del male”. Ecco una piccola digressione storica. Hannah Arendt dà vita a questa teoria mentre stava seguendo per il New Yorker il processo per i crimini di guerra compiuti da Adolf Eichmann, burocrate nazista e responsabile del trasporto di milioni di ebrei nei campi di sterminio verso la “soluzione finale”. La studiosa notò che Eichmann non agiva perché era fedele all’ideologia del regime totalitario, ma sfruttava la sua posizione per farsi strada nella società dell’epoca. Il fatto che si fosse prestato a tali barbarie, evidenziava un suo distacco tra la realtà e gli atti che commetteva, dimostrandosi incapace di pensare dal punto di vista altrui. Eichmann, sempre secondo Hannah Arendt, non era intrinsecamente cattivo, ma superficiale e inetto, totalmente incapace di mettere in relazione il modo di pensare con la capacità di distinguere il giusto dallo sbagliato, oltre che tutte le conseguenti implicazioni inerenti alla facoltà di giudizio e alla moralità.  

Ratched si colloca all’incirca sullo stesso piano, infatti quando agisce in maniera violenta, lo fa sempre con distacco; un aspetto che tuttavia ho ritrovato solo in parte del personaggio costruito per la serie tv di Netflix 

Considerazioni finali 

Nel complesso, Ratched è una serie ben riuscita, che non scade mai in situazioni improbabili e di cattivo gusto. Sarah Paulson è perfetta e la sua interpretazione dell’infermiera Mildred è impeccabile. Nonostante il ritmo lento e cadenzato, con dialoghi ben strutturati, Ratched vi saprà tenere incollati allo schermo puntata, dopo puntata, in un crescendo di suspenceLa struttura narrativa infatti è coinvolgente e gli intrecci di tutti i personaggi risultano chiari; non solo ma ad arricchire la trama ci sono le storie secondarie dei pazienti, che spesso si fanno carico di tematiche importanti – quali omosessualità, abusi sessuali e altre forme di violenza in genere – senza tuttavia risultare troppo pesanti. Ratched è una serie che esalta le debolezze dell’animo umano, le comprende e non ne ha paura.  

Dal punto di vista registico, sono sicuramente da apprezzare le ambientazioni, i costumi d’epoca, semplicemente bellissimi, e la colonna sonora che omaggia il cinema noir di quell’epoca, gli anni ‘40, uno su tutti quello di Hitchcock. Tocco di classe anche la tecnica di montaggio del cut away a scorrimento, utilizzata per enfatizzare le scene di maggior pathos.  

L’unica pecca forse sta nel finale, che ho trovato un po’ inconcludente, con diverse linee narrative lasciate aperte. Ma chissà che Netflix non possa sorprenderci con altre stagioni… questa di sicuro vale la pena di recuperarla, specie se siete amanti del genere.