Scatole nere, la recensione del thriller psicologico e sci-fi di Matteo Romiti

Scatole nere

Scatole nere è l’opera prima di Matteo Romiti, ecco la nostra recensione

Uno dei generi più in voga degli ultimi anni nel panorama letterario internazionale è il thriller psicologico. Allo stesso tempo, però, l’Italia si è sempre dimostrata un po’ carente di esempi di spicco del genere, almeno fino a ora. Lo psicologo, psicoterapeuta e scrittore Matteo Romiti ha pensato bene di esordire con un thriller psicologico alquanto originale perché unisce anche tematiche classiche del genere fantascientifico distopico. Il romanzo prende il nome di Scatole nere e noi abbiamo avuto la fortuna di leggerlo grazie a Mondadori che ci ha gentilmente spedito una copia. Vediamo insieme come si presenta il mondo apocalittico, malato e claustrofobico di Romiti in questa recensione che sarà, ovviamente, senza spoiler.

Scatole nere, in realtà, è un’opera difficilmente identificabile con un genere vero e proprio infatti nella lingua anglosassone è presente un termine ben preciso che non può essere facilmente tradotto in italiano: weird. Con questa parola si definisce un tipo di narrazione non realistica, ma non attinente propriamente né al fantastico, né alla fantascienza, né all’horror, né ad altri generi ben definiti e circostanziati. Per fare un esempio celebre, un autore di opere weird di fama mondiale è Neil Gaiman autore famoso soprattutto per la saga di Sandman della DC Comics. Romiti traccia, quindi, un racconto bizzarro, strano e con alcune distorsioni dal reale che lo rendono quasi onirico.

Quattro protagonisti, quattro storie diverse unite da un unico fil-rouge

La storia è ambientata in un futuro non lontano, in un tratto di terra indefinibile dove l’umanità deve fare i conti con un giro di vite che l’ha costretta ad essere suddivisa in settori presidiati e sotto embargo. Le campagne assomigliano a corpi vecchi e in stato di decadimento, le città sono cimiteri a cielo aperto e gli ospedali sono in realtà dei carceri per malati contagiosi che non potranno mai più vedere l’esterno. In tutto questo emergono dei racconti di vita quotidiana tanto irreali, quanto terribili. Da una parte c’è un uomo che spera di riprendersi i figli che gli sono stati tolti dopo che la moglie, quattro anni prima, è scomparsa misteriosamente. Altrove, una donna con il cuore straziato dalla figlia malata decide di intraprendere un viaggio per salvare una vita fragile inconsapevole degli spettri del passato e del presente che incontrerà lungo la strada. In un altro settore, invece, troviamo un dottore che finge di curare i malati per nascondere in realtà il più drammatico e terribile dei segreti. Infine, attraverso i settori, si muove una donna che nella sua mente gioca con un interlocutore e pensa di avere delle spine che le crescono sotto la pelle e le premono gli organi. Lei sarà il filo conduttore di tutte le storie e trascinerà i protagonisti in fondo agli abissi di un mondo interiore confuso e buio.

Scatole nere

Scatole nere si legge rapidamente, ma con una sensazione di disagio e di disorientamento costante. Il lettore si perde all’interno di questo mondo privo di punti di riferimento concreto e quindi si sforza di mantenere alcuni punti fermi che vengono quasi immediatamente sostituiti da altri in una sorta di caccia al topo che porta quest’ultimo – appunto il lettore – ad acutizzare i sensi per non rischiare di farsi catturare dagli eventi. Quello che ne viene fuori è una sorta di incubo a occhi aperti a metà tra realtà e immaginazione e tra conscio e inconscio. I primi capitoli descrivono, ad esempio, una società privata dei classici capisaldi della quotidianità e della libertà. Tutto è caratterizzato da un alone di paura causato da una strana malattia che disabilita il corpo e la mente sia di chi viene infettato sia di coloro che devono convivere col terrore di poterlo essere.

In realtà la società e la malattia sono solo due espedienti per far comprendere al lettore in che ambiente si trovano i protagonisti, ma la vera location è la testa e la psiche di coloro che popolano questo strano mondo. La trama si muove su binari tanto spezzettati quanto ciclici in cui tutto è allo stesso tempo inizio e fine e dove ogni scatola nera è la prima e l’ultima di una serie di altre e infine scatole nere. Queste rappresentano i vagoni entro i quali alloggiano le sensazioni, le emozioni e gli eventi che permettono al lettore di empatizzare con i protagonisti, ma anche di distaccarsi per non rischiare di entrare in un vortice di dolore, solitudine e terrore. Insomma, umanamente, alla comprensione si unisce la rassegnazione che tutto ciò che si sta leggendo è un evento potenzialmente reale in un mondo indefinito.

Infinite scatole nere tra luoghi fisici e psicologici

In definitiva queste scatole nere possono essere luoghi come stanze, tendoni, giardini, ma anche persone o addirittura proiezioni di una mente disperata, in cerca di aiuto o malata. Come le scatole, questi sono spazi definiti e claustrofobici, ma le ombre sono così smussate che riescono perfettamente a nascondere il contenuto reale aprendo a un gran numero di possibilità così come avviene con l’analisi della mente umana. Il cervello, dopotutto, è uno spazio definito, ma all’interno ci sono tanti elementi ancora poco chiari e da scoprire che danno adito a numerose teorie. Ecco, nel racconto il cervello umano sarebbe una delle tante scatole nere. Matteo Romiti è davvero abile a inserire all’interno di tutto questo mondo confuso delle situazioni concettualmente reali e comuni. Addirittura una delle protagoniste, fin dai primi capitoli, stila delle note mentali che descrivono minuziosamente il luogo in cui si trova e le azioni che compie. Serve a comprendere la follia della persona, ma è come se quelle note fossero state scritte da un incosciente lettore che non riesce a trovare appigli concreti.

La narrazione viene suddivisa in quattro libri caratterizzati da quattro capitoli zero che rispecchiano la visione del mondo da parte dell’autore ma che come lo stesso Romiti indica all’inizio dell’opera, possono essere letti in un ordine puramente personale. Ogni capitolo è un portone per uno degli infiniti corridoi che collegano le varie scatole nere. Non esistono, infatti, veri e propri capitoli classici, ma una numerazione indicativa utile a spezzare la lettura e a renderla il meno complessa possibile. Tutti i corridoi, però, sono accumunati dalla stessa visione di un mondo corrotto, sommerso dalla malattia e dalla disperazione da cui emerge una strana donna dai comportamenti tanto ambigui, quanto familiari. Infatti in questo continuo alternarsi di eventi, luoghi e dialoghi apparentemente confusi (lo stile dei dialoghi, ad esempio, non prevede la presenza delle classiche virgolette), si arriva a un finale che fa vacillare anche il senso di fantasia dell’intera opera.

Conclusioni

Scatole nere, in conclusione, è un libro dalle tematiche tutt’altro che leggere, ma dalla lettura coinvolgente e appagante. Porta il lettore a riflettere costantemente e a rendersi conto quanto il futuro distopico e confuso sia in realtà molto meno lontano di quanto potremmo immaginare. In questo futuro c’è una strana malattia, un’umanità in quarantena e delle persone rovinate psicologicamente. Insomma, ricorda vagamente qualcosa che, in maniera molto più leggera rispetto a quanto raccontato nell’opera, abbiamo già vissuto. Una lotta continua per la sopravvivenza, sia fisica che mentale che Matteo Romiti è riuscito a raccontare in maniera brillante e originale.

Scatole nere
Scatole nere
Pro
Storia coinvolgente e accattivante
Narrazione non lineare, ma semplice da seguire
Racconto originale e con delle chicche davvero inaspettate
Contro
Richiede una lucidità mentale costante, quindi è poco adatto alle letture di fine giornata
9.5
Voto