Star Wars Vision racconta la Galassia Lontana Lontana da sette punti di vista diversi in nove racconti inediti.
Star Wars Visions nasce come un progetto completamente staccato dal canone, e invita gli studi coinvolti a osare, a mostrare qualcosa di nuovo rispetto a quanto abbiamo potuto vedere negli ultimi quaranta anni pur rispettando la mitologia di Jedi, Sith, Forza e compagnia cantante.
Prendete sette tra i studi di animazione giapponese più importanti, dalle direzioni artistiche riconoscibili e che in passato sono stati capaci di segnare il cuore degli appassionati. Dategli un tema, un argomento che li spinga a esplorare aspetti mai visti di una saga storica. Mischiate tutto in nove storie autoconclusive neanche lontanamente legate tra loro, e otterrete Star Wars Visions: la nuova serie animata in arrivo domani, 22 settembre, su Disney+.
Come per i corti di Una Vita da Dug, anche questa serie debutterà al completo domani, ho potuto vederla in anteprima rimanendo piacevolmente stupito da alcuni episodi, deluso da altri e innamorato perso di altri ancora. Scopriamo insieme perché dovreste investire un pomeriggio (o una serata) in Star Wars Visions, se siete amanti dell’animazione giapponese e/o della saga creata da George Lucas.
Fin dalla sua genesi, le storie raccontate nella galassia di Star Wars hanno annoverato i miti giapponesi e i film di Akira Kurosawa tra le loro numerose influenze, e questi nuovi corti sono proprio visioni che esplorano ulteriormente quel patrimonio culturale attraverso lo stile di animazione unico e la prospettiva di ogni studio coinvolto. Tutte le storie ruotano però attorno a un punto cardine della mitologia di Star Wars, la spada laser e i cristalli kyber. Ogni episodio, chi più chi meno, ha al centro il suddetto cristallo o l’arma dei Jedi, in un continuo scontro tra lato chiaro e lato oscuro, per la salvezza della galassia.
Così ci ritroviamo in un pianeta che ricorda il Giappone feudale, in cui un ronin, accompagnato dal suo fedele droide, sta dando la caccia a una donna armata di un pericolosissimo ombrello. Sono i protagonisti di The Duel, il primo corto di Star Wars Visions, creato dallo studio Kamikaze Douga ( Jojo Bizzarre Adventure, Batman Ninja), in pochi minuti, riescono a raccontare una storia completa, staccata da quanto sappiamo, ma comunque pregna dei significati di Star Wars. Non c’era modo migliore per aprire la serie e mostrare allo spettatore cosa si voleva creare con questo esperimento.
Studio Trigger invece, è uno degli studi che ha confezionato ben due episodi: The Twins, diretto da Hiroyuki Imaishi (Kill la Kill, Promare) non solo è tra le migliori puntate di Star wars Visions, ma riesce in una decina di minuti a restare coerente con l’universo imprimendo nella galassia di Star Wars lo stile unico e esagerato del regista. Colori che vorticano su spade laser sempre più strane e l’eterno duello fratricida, unito ad animazioni sbalorditive. Purtroppo, l’altro corto di Trigger, The Elder, diretto invece da Masahiko Otsuka (Little Witch Academia) non riesce a colpire allo stesso modo, concentrandosi sul rapporto tra padawan e maestro, ma con dei colori nettamente più freddi e un ritmo molto meno incalzante. Curioso come Trigger abbia sia uno dei corti migliori che uno di quelli peggiori.
Star Wars Visions riesce a mostrare diversi aspetti della galassia in pochi minuti. L’altro studio che ha ben due corti nella collezione, ne è la prova lampante. Si tratta di Science SARU (Garo the Animation, Devilman Crybaby) che sia con T0-B1 che con Akakiri analizzano il potere della forza. Se però un episodio si concentra più sul lato chiaro, l’altro gli è diametralmente opposto. Non solo nel racconto ma anche nei colori e nello stile d’animazione più freddo e rigido.
Se si ha una conoscenza degli studi d’animazione coinvolti poi, si riconosce subito lo stile di alcuni, come GENO Studio (Golden Kamui) e il loro Lop & Ocho, Kinema Citrus (Made in Abyss) e la loro The Village Bride o quello di Production I.G (Ghost in the Shell) e il loro The Ninth Jedi. In entrambi i casi si tratta di due dei corti più lunghi, e dietro i quali si intravede anche un grosso world building che potrebbe benissimo sfociare in una serie vera e propria, oltre che dar vita a uno stupendo corto.
Se avete fatto bene i conti finora, resta un solo episodio fuori dai nove di questa che spero sia solo la prima stagione di Star Wars Visions. L’unico assente è Tatooine Rhapsody di Studio Colorido (Pokétoon, Burn the witch, Penguin Highway), che purtroppo fa l’unica cosa che questi corti visionari non avrebbero dovuto fare: implementare i personaggi del canone di Star Wars. Oltre a essere il meno convincente a livello di trama infatti, Tatooine Rhapsody scomoda Boba Fett (doppiato da Temuera Morrison), Jabba, e Tatooine in generale, rischiando di scatenare troppe domande su quando potrebbe essere ambientato e sul perché accadono determinate cose. Domande che non vengono poste con gli altri episodi, in cui si esplorano spazi della galassia inediti.
Star Wars Visions dimostra ancora una volta che la salvezza della saga sta nei progetti “secondari”, in cui le virgolette sono doverose vista la qualità a cui mi sono trovato di fronte durante la visione di questi nove corti. Sfortunatamente, la fan base di Star Wars non è delle più aperte alle novità e potrebbero non accogliere con la giusta euforia il prodotto perché mancano i personaggi o gli eventi capisaldo dei film. Ma questo, non è sicuramente un problema del prodotto.