Starfield – La Recensione

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Starfield - La Recensione

L’aspetto ruolistico di Starfield viene scandito dai vari pacchetti di abilità che potremo imparare per arricchire le skill del nostro alter ego virtuale agendo in 5 diverse macro aree di competenza, che abbracciano il combattimento, la socialità, le doti fisiche o gli aspetti legati a scienza e tecnologia. Salendo di livello, guadagnando quindi esperienza completando le varie missioni e gli incarichi, otterremo punti con i quali sbloccare nuove abilità, che diventeranno con il tempo progressivamente sempre più avanzate.

Aumentare le caratteristiche fisiche base ci consentirà di muoverci più rapidamente, consumando meno ossigeno o trasportare un maggior numero di oggetti nel nostro inventario (e di conseguenza il consumo di CO2 non intaccherà la nostra salute), ma anche di sviluppare doti furtive o migliorare il combattimento corpo a corpo. La parte sociale invece agisce sulla persuasione e sulle interazioni commerciali, aprendoci la strada al controllo mentale dei nemici durante i combattimenti o le fasi esplorative. Non mancano aspetto relativi allo sviluppo di tecnologie, che permette di ottimizzare risorse, aumentare le capacità dello scanner o tutto quello relativo all’esplorazione e la creazione degli avamposti, così come gli armamenti o e le statistiche della nostra nave, così da renderla più performante durante gli scontri.

Ci sono poi le abilità legate al combattimento che ci garantiscono non solo un boost di danni specializzandosi nelle varie tipologie di armi, ma anche aspetti passivi legati alla ripresa di salute e resistenza durante gli scontri a fuoco.

Starfield ci mette di fronte ad un combat system basato principalmente sull’uso di armi da fuoco, con un gunplay responsivo e tendenzialmente frenetico negli scontri. Rispetto a Fallout abbiamo un sistema interamente in tempo reale, perdendo così la possibilità di mirare determinate parti del corpo e quell’elemento strategico che da sempre contraddistingue l’RPG Betthesda.

Qua siamo in un campo da FPS puro più classico, e da questo punto di vista ci saremmo aspettati magari un po’ più di possibilità lato gameplay, che ci sono e son legate principalmente alle abilità usate in campo, ma per esempio si poteva puntare su un qualche sistema di copertura dinamico per rendere gli scontri meno diretti o a dei nemici più scaltri sotto il profilo dell’IA. O un miglioramento per le fasi stealth, che si basano su un modello ormai sorpassato e decisamente rivedibile, quello di stare accucciati.

Nonostante questo combattere è abbastanza gratificante, anche grazie ad una serie di abilità che otterrete con il progredire della storia (ma sulle quali non possiamo dilungarci troppo) che renderanno gli scontri ancora più elettrizzanti e alla presenza di un jet pack (potenziabile tramite upgrade) che va a verticalizzare l’azione di gioco sia nelle esplorazioni, sia in combattimento.

Come se non bastasse, tutti gli equipaggiamenti, dall’arsenale alle tute, sono interamente modificabili. Ad esempio potremo aggiungere mirini per rendere l’arma più precisa, o modificare il tipo di munizioni permettendo così di incendiare i nemici colpiti. Anche in questo caso la sperimentazione è sempre a discrezione del giocatore e della sua volontà di approfondire gli aspetti di Starfield, ripagandolo lautamente nel caso si scelga di percorrere questa strada.

Anche gli scontri a bordo della navicella spaziale sono momenti estremamente divertenti, grazie allo spiccato retrogusto arcade con la quale vi troverete ad inseguire le navi nemiche fra detriti spaziali ed asteroidi in accese battaglie dal sapore starwarsiano. L’unica accortezza è quella di tenere sempre sott’occhio gli scudi della vostra nave, ed eventualmente investire risorse per resistere il più possibile agli attacchi nemici mentre eseguirete le vostre manovre evasive.

Come ultimo argomento ci siamo tenuti l’esplorazione, che ci traghetterà verso l’analisi tecnica di Starfiled.

Quando vai a creare un gioco ambizioso e promettente, le aspettative sono molte.

La libertà del gioco qua si manifesta nella capacità di lasciarci girare in lungo e in largo nell’universo creato da Bethesda, visitando (con le sole limitazioni di trama) i 1000 pianeti presenti nei vari sistemi stellari. Non appena il gioco è arrivato nelle mani della stampa e hanno iniziato a girare le prime copie del gioco è emersa subito una questione relativa alla grandezza dei pianeti e a dei limiti imposti dagli sviluppatori.

Infatti al momento è impossibile percorrere interamente a piedi il pianeta ma, raggiunto il limite di una certa area esplorabile, un avviso ci chiederà di ritornare alla nave e scegliere un nuovo punto di atterraggio. Si tratta questo di un problema che va in qualche modo a scalfire il divertimento o l’immedesimazione? Assolutamente no.

Durante la nostra partita sono stati rari i casi in cui il gioco ci ha reguardito con questo avviso. Anzi, una volta scesi sul pianeta ed attivato lo scanner ci verranno indicati dei punti di interesse da esplorare, e sarà proprio il gioco a guidarci verso qualche attività. Anche perché non tutti i pianeti esplorabili sono abitati da una qualunque forma di vita, e una volta completata la scansione delle risorse al 100% difficilmente sarete trattenuti li da qualche senso esplorativo, se non mirato per l’ottenimento di qualche materiale specifico.

E così anche l’esplorazione generale dei pianeti vi viene sempre in qualche modo servita tramite quest e missioni dando così un senso compiuto al semplice girovagare senza meta, che è comunque possibile fare, ma è decisamente più stimolante se smossi da un qualche obiettivo. L’unica assenza che si sente durante l’esplorazione è la possibilità di usare un mezzo per muoversi in quelle situazioni dove la morfologia del pianeta richiede di attraversare zone pericolose o impegnative da scalaere. Chissa che non arrivino in un prossimo futuro con qualche aggiornamento o con il debutto delle mod ufficiali.

 

Per quanto riguarda invece i pianeti questi sono realizzati tramite una stretta sinergia fra la generazione procedurale e l’intervento umano del team, per rendere “credibili” i pianeti, a partire da quelli realmente esistenti, come il nostro sistema solare. Questo significa che i pianeti gassosi non potranno essere visitati a causa della materia di cui sono fatti, mentre quelli esposti a condizioni di vita estrema saranno privi di qualsiasi forma di vita organica, in maniera plausibile a quanto potrebbe accadere nella realtà. Nel nostro viaggio siamo scesi su decine di pianeti e la varietà è sempre stata garantita. Formazioni rocciose, deserti sabbiosi, paludi, calotte ghiacciate, così come la flora e la fauna che abitavano quei pianeti. Anche la morfologia cambia in maniera sostanziale, e i punti di interesse naturali spingono poi a scoprire alcune particolarità come crateri creati dall’impatto con i meteoriti, zone termali, conformazioni cristalline e tante altre bizzarrie che potremmo aspettarci di trovare su un pianeta alieno.

Rispetto a No Man’s Sky, che tiriamo nuovamente in ballo dato l’aspetto che più li accomuna, non è possibile passare direttamente dall’orbita alla superficie del pianeta, ma assisteremo ad una breve scena animata e ad un caricamento che ci faranno approdare direttamente a destinazione. Rispetto al “cugino” da questo punto di vista l’esplorazione spaziale è sicuramente meno immersiva, ma la presenza del fast travel snellisce le azioni esplorative, e vista la mole di missioni e compiti da svolgere, lo sfrutterete spesso per spostarvi da un capo all’altro dell’universo.

I caricamenti li ritroviamo anche all’interno delle città, per passare da una zona all’altra, o durante l’ingresso in alcuni edifici, e si viaggia nell’ordine di 10/12”, il tempo di caricare la nuova area. Avremmo preferito una situazione più “seamless” che spezzasse meno l’azione, ma ci rendiamo anche conto di quanto sia massiccio ed immenso il gioco, ed è un compromesso necessario per mantenere una certa qualità.

E a proposito di compromessi è arrivato il momento di passare al comparto tecnico di Starfield.

Graficamente ci troviamo di fronte ad un titolo complessivamente bello da vedere, probabilmente una delle migliori opere di Bethesda Game Studios. L’universo fantascientifico creato gode di un’ispirazione unica, strizzando un po’ l’occhio alla visione futuristica di Star Wars, che mescola insieme spazi altamente tecnologici e minimalisti, a complessi cyberpunk ad agglomerati “future western”, con una ricercatezza per il dettaglio veramente maniacale. L’illuminazione e gli effetti volumetrici completano la visuale, creando scorci da cartolina che vi porteranno via ore ad esplorarli nei minimi particolari.

Data la vastità del gioco ogni tanto capita qualcosa realizzato in maniera più grossolana, ma in generale la costruzione degli ambienti di gioco è sempre curata in ogni suo aspetto, anche sui vari pianeti, dove è possibile imbattersi in qualche avamposto occupato dai pirati spaziali.

Anche le texture e gli shader dei materiali risaltano, in particolar modo durante i close up dei dialoghi, dove un piacevole effetto profondità mette in risalto i personaggi e gli elementi a favore di camera. A proposito dei personaggi va fatta qualche precisazione. I protagonisti godono di un buon livello di dettaglio, non i migliori modelli 3D presenti sul mercato, ma soddisfacenti e in pieno stile Bethesda per quanto riguarda il design.

A colpire particolarmente la qualità della pelle dei volti, fra rughe, nei e altri dettagli relativi ad imperfezioni e cicatrici. L’interfaccia di gioco è pulitissima, e permette di godersi a pieno il mondo di Starfield, soprattutto se giocato in prima persona, con tutte le informazioni necessarie e gli indicatori di navigazione richiamabili tramite l’utilizzo dello scanner.

Meno convincenti ma sempre accettabili invece i personaggi di contorno, quelli con cui potremo interagire, come NPC secondari o i vendor, che godono di meno dettagli e minore espressività, apparendo un po’ spenti nel comunicare i loro stati emotivi.

Abbiamo avuto modo di giocare a Starfield su Xbox Series X. La nostra avventura è iniziata un paio di settimane fa, con la versione “vanilla” del gioco che mostrava un titolo sul quale c’era ancora molto da fare lato grafico. Oltre a qualche bug di troppo, a preoccupare maggiormente il frame rate, che pur limitato a 30 fps, faticava in molti frangenti, specie nelle città a mantenersi stabile, con vistosi e preoccupanti rallentamenti sia durante l’esplorazione che le fasi combattive.

Qualche giorno fa però è arrivata la patch che troverete ad aspettarvi una volta lanciato il gioco e c’è da dire che il team di Bethesda ha lavorato duramente per ottimizzare il gioco ed offrire un esperienza al D1 quanto mai più solida e stabile.

Nonostante questo però restano alcune criticità legate al frame rate, soprattutto a Nuova Atlantide le cui strade mettono in difficoltà la potenza di calcolo della console più potente di sempre, lasciando aperta la strada ad ancora tanti margini di miglioramento, e cosa in cui speriamo fortemente, una modalità “frame rate” che con i giusti compromessi riesca a far girare il gioco a 60fps stabili.

Anche la colonna sonora riesce a smuovere diverse emozioni, soprattutto l’evocativo tema principale, che partirà nei momenti strategici e con il giusto tempismo per colorare le varie avventure che andremo a vivere.

Mastodontico, letteralmente, il doppiaggio. Non solo nell’impressionante mole di linee di dialogo doppiate ma anche nella varietà di accenti utilizzati per dar vita ai personaggi del gioco, anche il meno importante. L’unico neo l’assenza della lingua italiana, presente solamente nei testi, che avrebbe forse aumentato l’immedesimazione nel gioco, ma vista la qualità attoriale dei vati doppiatori non sentiamo troppo questa mancanza.

Forse non saremo di fronte a quel gioco generazionale che molti aspettavano, ma ci troviamo di davanti ad un ottimo titolo che è la diretta evoluzione di 40 anni di duro lavoro.
Starfield è un gioco che potremmo definire monumentale per la mole di contenuti e per il tipo di esperienza che propone. Lato storia abbiamo vissuto uno dei migliori racconti creati dal team di Todd Howard, con una storyline principale avvincente e ricca di inaspettati colpi di scena, e un contorno di storie satellite che da sole sarebbero state capaci di reggere l’intero gioco, grazie alla loro varietà narrativa e alla capacità di coinvolgere emotivamente il giocatore. Abbiamo passato più di 80 ore in compagnia del gioco, portando a termine più di 110 missioni e c’è ancora tanto da completare e scoprire. E la voglia di farlo è la stessa delle prime ore.
Lato gameplay invece Bethesda mette insieme varie soluzioni e meccaniche già sondate in altre situazioni, e sebbene non ci sia nulla di nuovo o rivoluzionario sotto la luce del sole, l’equilibrio raggiunto in Starfield lo rende un titolo piacevole da giocare e fruibile su più livelli, senza venirne penalizzati. Si sente forse la mancanza di qualche novità veramente tangibile, ma data la qualità generale raggiunta possiamo ritenerci soddisfatti dei risultati.
Resta però ancora diverso lavoro da fare, in particolar modo per migliorare l’esperienza di gioco su console, l’unico vero problema che traina verso il basso il voto di Starfield, ma vista la dedizione e l’ottimo lavoro fatto per confezionarlo nel miglior modo possibile in vista del lancio, confidiamo che Bethesda riesca anche in questa impresa.
Mancano poche ore al lancio di Starfield è l’ultima cosa che vi resta da fare è prepararvi per un incredibile viaggio ai confini dell’universo, che faticherete a dimenticare.

Starfield è disponibile su Xbox Series X|S, PC Windows, Steam e Xbox Game Pass.

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Starfield – La Recensione
Pro
Artisticamente ispirato, graficamente un bel titolo da vedere...
Esplorazione gratificante.
Una delle migliori storie di Bethesda.
Tantissime cose da fare, monumentale.
Contro
...Su Xbox Series X ancora un po' di lavoro da fare lato ottimizzazione.
L'assenza dei messi per esplorare i pianeti a volte si fa sentire.
Per quanto tutto ben equilibrato, mancano delle novità di rilievo rispetto alla solita formula Bethesda.
9
Voto