The Gentlemen – La recensione del nuovo film di Guy Ritchie

Disponibile su Amazon Prime Video il nuovo film di Guy Ritchie

Guy Ritchie torna dietro la macchina da presa con un gangster movie imperdibile.

È quasi un anno dopo l’uscita in patria (in Inghilterra è uscito a gennaio), The Gentlemen arriva anche in Italia su Amazon Prime Video tramite un’iniziativa di Amazon, cioè proporre alcuni titoli di spicco che non sono stati mandati in sala per colpa del Covid-19. Ora lo possiamo dire: Guy Ritchie è tornato. Le sue ultime pellicole, soprattutto Aladin, avevano poco a che fare con il suo stile o lo toccavano marginalmente. Con The Gentlemen, invece, Ritchie torna nella sua comfort zone, torna a parlare di gangster britannici. E lo fa bene.Guy Ritchie

La Sinossi

The Gentlemen racconta la storia di Mickey Pearson (Matthew McConaughey), un uomo d’affari americano trapiantato a Londra che si è arricchito costruendo un impero basato sullo spaccio di marijuana. Nel momento in cui Pearson decide di ritirarsi dal mercato e cedere la sua attività a dei miliardari dell’Oklahoma, si innescano attorno a lui una serie di ricatti e giochi di corruzione nel tentativo d’impadronirsi del suo business.

Ritchie mette in scena una perfetta Gangster story, articolata e avvincente. L’alternanza perfetta tra azione e ironia (molto più Humor Britannico) rendono davvero scorrevole e facile da seguire la pellicola che cela sotto questa maschera di semplicità una narrazione più complessa e ben studiata. Infatti, dopo la presentazione del mondo in cui il regista ci sta catapultando, veniamo trasportati nella vicenda dal racconto del detective privato Fletcher, uno straordinario e atipico Hugh Grant. È lui che ci racconta tutti gli avvenimenti e tutti i segreti che stanno dietro al mondo di Pearson e dei suoi rivali, narrazione mascherata da sceneggiatura cinematografica. Fletcher tentando di estorcere denaro a Pearson attraverso il suo braccio destro Raymond, un elegante e perfetto Charlie Humman, mette in scena la sua opera tra finzione e stacchi di montaggio. La trovata di mettere in atto il film tramite il punto di vista del personaggio di Hugh Grant, dona la giusta leggerezza alla storia che spesso prende respiro lasciando i giusti spazi a tutti i personaggi (il vero plus della pellicola).Guy Ritchie

Un Cast stellare per personaggi stellari

Il cast è davvero stellare. E non lo è solo per la portata dei nomi in gioco ma proprio per l’interpretazione sempre convincente di tutte le parti. Se McConaughey, Grant, Hunnam, sono i tre mattatori della pellicola dall’inizio alla fine, Colin Farrell, Jeremy Strong e Michelle Dockerty sono il perfetto completamento di un cast corale che convince dall’inizio alla fine. I personaggi godono di una caratterizzazione magistrale. Curati nei minimi dettagli, anche i personaggi con un minutaggio ridotto hanno una caratterizzazione a livello di scrittura profonda e completa. Dalla sindrome ossessivo compulsiva di Raymond, agli accenti che caratterizzano l’origine di ogni personaggio, come un marchio indelebile del loro retaggio: la parlata sbiascicata di Mickey/McConaughey, la perfetta dizione londinese di Fletcher/Grant e il pesante tratto irlandese di Coach/Farrell. Il lavoro svolto sui personaggi è tipico dei lavori di Ritchie, soprattutto dei suoi primi lavori lontani dalle direttive delle major.

Ritchie cura la sceneggiatura e si lava di dosso il gioco che doveva necessariamente indossare nelle ultime pellicole. Torna a presentare un mix multiculturale di personaggi e di caste, non tralasciando nessuno e presentando tutti sempre con un secco, ma elegante, stereotipo. Capo assoluto dei sui personaggi ai limiti del macchiettistico, c’è il Coach di Colin Farrell sempre in tuta da ginnastica. Un personaggio borderline, duro ma che per aiutare i suoi allievi non si ferma davanti a nulla. Anche Hugh Grant, in una delle sue migliori performance, si diverte molto ad essere Fletcher, il detective che ci racconta la storia. Grant veste benissimo i panni di un uomo di mezza età, con una particolare sessualità ai limiti del perverso. L’eleganza che da ai personaggi, non è solo quella canonica di Pearson e Raymond, ma è un vero è proprio dettaglio di ogni personaggio che rappresenta un contesto socioculturale diverso. Anche la colonna sonora è incredibilmente assortita, a tratti deliziosamente britannica e assolutamente di altissima qualità (Johnny Rivers, Can, The Jam, i Cream, Roxy Music, Bugzy Malone).

Ritchie is back

Come dicevo Ritchie torna nella sua comfort zone, parla di quello che gli riesce meglio, lo fa con competenza e dettaglio minuzioso in ogni parte. The Gentlemen racchiude tutto quello che è il percorso del regista, la sua evoluzione e il suo amore per il cinema. Ritchie ha abbandonato quei personaggi rozzi dei suoi primi film, la gentaglia dei sobborghi londinesi si fa da parte per un nuovo e più borghese stile. I suoi personaggi, partendo da Pearson, sono tutti borghesi inseriti nell’alta società inglese contemporanea. Questo sua maturità, se così possiamo definirla, è la sua chiara evoluzione artistica. Un percorso di crescita che ha portato avanti nel corso degli anni, mettendosi al servizio delle major del settore, facendo pellicole che spesso non rispecchiavano ne rilasciavano il suo stile. Proprio come il protagonista del suo King Arthur, Ritchie ha compiuto un passo di consapevolezza verso se stesso, un passo di maturità e crescita. Ma sia lui che il suo Mickey Pearson non sono dei predestinati come Artù, per arrivare dove sono si sono dovuti “sporcare” le mani. Questa sua maturità artistica presta il fianco anche al suo stile che vede una maggiore consapevolezza del mezzo nella sua semplicità, senza però abbandonare davvero il suo stile.

The Gentlemen è un film divertente e adrenalinico, che gioca con il mezzo. Il divertimento è sicuramente bilaterale, non diverte solo lo spettatore ma ha sicuramente divertito anche il cast e il regista nella realizzazione. La crisi di mezza età, i giovani irruenti e spesso irispettosi vengono disegnati in un mix di eleganza e violenza che non può far altro che sorprendere lo spettatore. Il ritorno di Ritchie è meglio di quello che ci si potesse aspettare, purtroppo non l’abbiamo visto al cinema ma almeno e per fortuna possiamo vederlo.