Istituto di bella morte, la recensione della nuova edizione di Cliquot

Istituto di bella morte ritorna in Italia con una nuova prestigiosa edizione

Istituto di bella morte (il titolo originale è Seconds) di David Ely è uno dei thriller horror fantascientifici anni ’60 più famosi, ma purtroppo anche sottovalutati, della letteratura internazionale e finalmente, grazie alla casa editrice Cliquot, a distanza di ben 50 anni, arriva in Italia una nuova edizione con una nuova traduzione a cura di Daniela Pezzella, una copertina a effetto realizzata da Maurizio Ceccato e una prefazione di Vanni Santoni. Istituto di bella morte è l’opera più famosa di Ely tanto che nel 1966 il regista John Frankenheimer ne prese spunto per realizzare il film cult Operazione diabolica, con Rock Hudson come protagonista. Si tratta di un romanzo attento che genera un incubo ben congegnato, ma scopriamone di più in questa recensione.

Istituto di bella morte: un connubio molto reale tra Frankenstein e il patto di Faust

Il romanzo di David Ely racconta la storia di Antiochus Wilson, un ottimo marito e un professionista di grande successo con un prosperoso futuro come presidente di un’importante istituto bancario. Un giorno riceve una strana telefonata da Charley, un amico di lunga data che credeva molto, che vuole raccontargli la sua esperienza di rinascita. Il protagonista, allora, riceve un indirizzo di uno strano istituto e compie i primi timidi passi verso l’ignoto. Si ritrova intrappolato in situazioni sempre più nefaste che lo portano a distaccarsi sempre più dalla realtà. Si susseguono sequenze surreali in cui gli viene chiesto quale sia il tipo di morte che preferisce e si sottopone a test psicologici per identificare la carriera che desiderava veramente, ma man mano che prosegue in questa avventura l’istituto usa modi sempre più aggressivi per costringerlo alla rinascita.

In poche parole, questo istituto consente di inscenare la scomparsa o la morte dei suoi clienti, costruendo per loro una nuova vita, una nuova identità anche fisica con tanto di interventi chirurgici mirati e un posto nel mondo più in linea con l’indole dell’individuo. Il prezzo da pagare è che non può più tornare indietro e si troverà a fare i conti sia con un istituto che non perdona chi prova a rompere i contratti stipulati sia con gli scheletri del passato che non possono essere cancellati facilmente. Molti gli interrogativi a cui il protagonista deve rispondere: cosa pensava la sua famiglia della sua morte? Per tutta la sua vita ha condotto legami autentici o non era ciò che desiderava veramente? Riuscirà mai ad assorbire completamente il suo nuovo personaggio o questa è l’ennesima maschera di un’esistenza ricca di dubbi e incertezze?

Una storia tanto macabra quanto attuale

Istituto di bella morte è caratterizzato da una rigorosa economia narrativa grazie alla presenza di una piccola quantità di personaggi la cui interazione è determinante per la trama del racconto. Wilson, poi, è la rappresentazione perfetta dell’ideale suburbano degli anni ’50 e ’60: una carriera fiorente, il successo, una moglie e dei figli. Tutto questo crea in lui uno spostamento mentale che lo portano a ricordare i sogni e i desideri della giovinezza come dei costanti martellamenti che si scontrano con gli stampi che la società imponeva in quel periodo (anche se non sono molto lontani da ciò che impone anche la società moderna). Il protagonista capisce di non aver mai perseguito le proprie reali passioni in modo serio e la rinascita non fa altro che produrre una nuova serie di crisi di identità.

Il romanzo raggiunge il crescente disagio psicologico di Wilson attraverso una serie di metafore di distanziamento strategico (maschere, acquari pieni di formiche e sale d’attesa) e scene strazianti, ma tranquille (le telefonate con Charley, le visite alla sua famiglia e i momenti in cui i personaggi vedono attraverso la sua maschera). Essendo un thriller horror non mancano anche alcuni momenti di orrore disinvolto e verosimile come ad esempio quando Wilson scopre, subito dopo essersi svegliato dal suo intervento chirurgico, che i corpi utilizzati per estrarre nuovi denti e impronte digitali provengono dall’America Latina ed è per quella ragione che “la pelle tende a essere scura”. Insomma, senza una salda identità a cui ancorarsi, il “rinato” entra in una zona liminale decadente e senza meta, non molto diversa da quella da cui era fuggito.

Il punto di vista editoriale

Dal punto di vista editoriale, Cliquot ha svolto un ottimo lavoro per donare a quest’opera un’edizione di grande pregio. A prima vista spicca la macabra e stupenda copertina di Maurizio Ceccato che c’entra perfettamente il punto centrale della storia. La prefazione di Vanni Santoni è una piccola chicca che regala alcune curiosità sul romanzo davvero interessanti. Infine, la nuova traduzione di Daniela Pezzella riprende alcune modifiche presenti nella ristampa del 1965 come per esempio il personaggio di Charlie che diventa Charley. Infine dal punto di vista qualitativo siamo davanti a un volume di piccole dimensioni realizzato con una stupenda copertina brossurata in cartoncino ruvido molto d’impatto, ma anche molto delicato e con pagine realizzate con una carta di ottima grammatura e resistenza anch’essa leggermente ruvida.

Conclusioni

L’opera di David Ely, grazie alla sua narrativa e alla trama introspettiva e avvincente, è uno dei thriller fantascientifici migliori che siano mai stati scritti, anche se, come accennato nell’introduzione, viene spesso sottovalutato. Il lavoro svolto da Cliquot (che ringraziamo per la copia omaggio) è perfetto sotto ogni punto di vista, dalla traduzione che finalmente rispetta tutti i canoni della versione originale, alla scelta dei materiali di ottima qualità per la realizzazione del volume. Vi consigliamo, infine, la visione dello spettacolare adattamento di John Frankenheimer, con una fotografia straziante di James Wong Howe candidata anche all’Oscar nel 1967. La pellicola cambia solo piccoli elementi del romanzo originale ma trasmette l’intensa paranoia, il terrore esistenziale ed è, di per sé, un esempio di stile sperimentale che si adatta perfettamente al materiale cartaceo.

Istituto di bella morte
Pro
Volume di pregevole fattura
Ottima traduzione e interessante la prefazione di Vanni Santoni
Finalmente si cerca di dare il giusto valore a un'opera fin troppo sottovalutata
Contro
Nulla da segnalare
9.5
Voto