Troy- La caduta di Troia: a Omero non piace questo elemento

Di film ispirati all’Iliade ne abbiamo tantissimi, fra i più recenti ritroviamo
Troy, colossal epico del 2004 diretto da Wolfgang Petersen.  Anche Netflix, insieme alla BBC, ha deciso di  produrre una mini serie di otto episodi dedicata alle vicende narrate dall’antico poeta OmeroTroy: la caduta di Troia .

Troy è stata scritta da David Farr ed è stata diretta da Owen HarrisMark Brozel.

Tutti gli episodi sono disponibile sulla celebre piattaforma streaming dal 6 aprile 2018.

Trama & Cast

La serie racconta la storia che tutti conosciamo: Il giovane Paride è avvicinato da Hera, Atena e Afrodite che gli chiedono di scegliere una tra loro. Lui, catturato dalla promessa dell’amore della donna più bella del mondo, sceglie Afrodite, segnando così il suo destino e quello dell’intera città di Troia, di cui poco dopo scoprirà di essere principe. Quando in missione in Grecia, alla corte di Menelao la regina Elena si innamora di lui e come clandestina scappa sulla sua nave, si scatena il casus belli che porterà alla guerra uomini e dèi.

Cast: Louis Hunter (Paride), Bella Dayne (Elena), David Threlfall (Re Priamo), Frances O’Connor (Ecuba), Jonas Armstrong (Menelao), Joseph Mawle (Odisseo), Tom Weston-Jones (Ettore), David Gyasi (Achille), Johnny Harris (Agamennone) e Chloe Pirrie (Andromaca).

Recensione

Troy- La caduta di Troia è una serie tv che ha la presunzione di definirsi dramma epico, ma di quest’ultimo, tralasciando le fugaci comparse di Zeus, Afrodite e Atena, ha ben poco. La storia è narrata dal punto di vista dei troiani, il personaggio principale è Paride, che sin da subito compare nelle sue vesti di pastore. Intorno a lui si sviluppano tutti i fili della trama, ma già dall’inizio è palese come il suo personaggio sia costruito male. Episodio dopo episodio ci rendiamo conto della sua debolezza e di come la sua figura vada a rovinare una storia che già zoppica di per sé.  La scelta di renderlo protagonista fa sì che i diversi personaggi diventino complementari a questo “eroe romantico” che rincorre e cerca di proteggere la neonata relazione con Elena. La storia fra i due diventa ben presto il fulcro principale e tutte le vicende politiche che fanno da contorno vengono accantonate.
Si sa, lo spettatore vuole regalato un’emozione, poco importa la politica. Evviva l’amore!

Elena spicca fra tutte le donne presenti, e non solo per la sua bellezza: è determinata, scaltra e decide da sé il proprio destino . Il famoso rapimento è rappresentato come una scelta e non come un’imposizione.  Lei sceglie di nascondersi in una cassa e si fa imbarcare sulla nave di Paride, il quale è inconsapevole di tutto.  Nel corso degli episodi però, quasi a voler annullare questo libero arbitrio, Paride viene più volte accusato di  averla rapita e nessuno dichiarerà mai il contrario.

Elena © BBC © Netflix

L’attrice scelta per interpretare la regina di Sparta è Bella Dayne che per quanto non le si possa dir nulla per la bellezza, manca completamente di espressività. Il suo viso non cambia mai, sia che stia tramando nell’ombra piani malefici o che sia preda di violenti orgasmi. Una sottospecie di Kristen Stewart, per intenderci.

Alcuni personaggi sono riusciti, come per esempio Priamo interpretato da David Threlfall, o l’Andromaca di Chloe Pirrie; altri zoppicano un po’ come l’Ulisse di Joseph Mawle, che non risulta molto convincente in quanto la sua astuzia viene più lasciata intendere che fatta vedere. Menelao è una mera comparsa e Agamennone un iracondo personaggio incapace di lasciare il segno.

Una nota dolente è rappresentata da Achille. Ricordate l’eroe impavido, colui che aveva scelto una vita breve, ma ricca di gloria? Il piè veloce? Quello la cui ira ispirò Omero? Ecco, dimenticalo! In questa serie viene completamente distrutto. Innanzitutto è stato scelto un attore di colore, David Gyasi, per un personaggio che è sempre stato descritto in modo del tutto diverso (whitewashing al contrario?). Inoltre l’attore manca sia da un punto di vista fisico che interpretativo: Achille, dalla bionda capigliatura che splende al sole, in questa serie tv è senza capelli, capriccioso, sentimentale e il suo essere considerato un eroe forte e spietato è più un’informazione che viene data durante le varie conversazioni che qualcosa che viene mostrato. La famosa ira funesta consiste nel guardare in malo modo chiunque capiti a tiro e andare sotto le mure troiane a gridare qualcosa a caso. Probabilmente non sarebbe esistita nessuna Iliade se Achille fosse stato quello proposto da questa serie tv.

Achille © BBC © Netflix

I dialoghi sono abbastanza banali e deboli; mancano i combattimenti e i pochi presenti sono scialbi e piatti. Le ambientazioni sono striminzite: ampie distese di nulla cosmico.  Si salvano i costumi e la quasi fedeltà alle storia originale, anche se l’accentramento dell’amore fra Elena e Paride e delle loro continue fornicazioni, usate come pretesto per proporre inutili scene di nudo,  dopo un po’ appesantisce il- già lento- flusso narrativo.

Abbiamo fra le mani un serie tv debole, costruita credendo che infilare un’iraconda Atena e una vendicativa Hera sia sufficiente per meritarsi l’etichetta di epico. Come direbbe un professore durante un ricevimento scuola-famiglia: l’alunno si impegna, ma potrebbe dare molto di più.

Consiglio la serie?

Se non avete un gatto da pettinare, sì.